Dalle partite con i “ragazzi di vita” della borgata romana all’epica sfida tra il suo cast e quello di Bertolucci durante le riprese di Salò e di Novecento pochi mesi prima della morte. Questo libro è un percorso fatto di letteratura e testimonianze dirette, molte delle quali inedite, che attraversa il rapporto sentimentale tra Pier Paolo Pasolini e il gioco del calcio.
Pier Paolo Pasolini
Il tifo è una malattia giovanile
che dura tutta la vita.
Prima ancora che uno sport, il pallone è per Pasolini un linguaggio umano, che si esplica ogni qualvolta un piede tocca un pallone. E se il calcio è un linguaggio, gli atleti possono usare stili espressivi differenti: così il gioco corale delle squadre mitteleuropee è prosa realista, mentre il dribbling dei sudamericani è poesia lirica.

Il calcio secondo Pasolini
Una disperata vitalità. Pier Paolo Pasolini e il calcio: giocato, pensato, raccontato.
Compagnia Editoriale Aliberti
2018, 144 pagine, 14×21 cm
ISBN: 9788893230896
Foto di copertina: Pasolini prima della partita tra il cast di “Salò” e le vecchie glorie del Bologna campione 1963-64 [Paolo Ferrari, Bologna, 1975].
Pasolini vive con piacere la contraddizione di intellettuale impegnato che ama uno sport da molti considerato “oppio dei popoli”. Il suo sguardo di appassionato, ma anche di giornalista sportivo, osserva il calcio dai campetti di periferia fino alla Serie A: talvolta ingenuamente nell’ammirare la fisicità di una sfida tra i palazzi di periferia, talvolta appassionatamente nel tifare il suo Bologna, talvolta con attenzione sociologica nel considerare la partita allo stadio come l’ultimo rito sacro dell’età contemporanea. Il calcio nella sua essenza primordiale.

«Quando ho letto che Pier Paolo Pasolini provava esattamente ciò che io provo (e con me provano milioni di esseri umani) l’ho ringraziato dal profondo del cuore. Così come va ringraziato Valerio Curcio che con la sua ricerca attenta, documentata, appassionata ci ha raccontato l’umanità di uno dei massimi pensatori contemporanei, nella sua forma più autentica e intima».
Dalla prefazione di Antonio Padellaro
«Pier Paolo andava avanti con la testa rivolta indietro. Inseguiva un se stesso bambino che scappava. Quando giocava, quel bambino prendeva corpo assieme al pallone; quando finiva di giocare, tornava l’adulto inquieto e doloroso che era diventato».