Lupa contro Leone, una sfida lunga 86 anni. Oggi la Roma affronta in amichevole il Trastevere, realtà affermata del calcio locale romano che negli scorsi anni ha sfiorato la promozione in Serie C. La partita, in programma alle 17.30, si disputerà a porte chiuse, ma permette di aprire un altro tipo di porte, quelle della memoria e della storia del calcio romano. Come segnalato dall’account Instagram della squadra amaranto, presieduta da Pier Luigi Betturri, la Roma e il Trastevere – nelle varie denominazioni assunte dalle società del Rione XIII nel corso della sua storia – si sono sfidate numerose volte tra partite ufficiali e amichevoli.
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Roma e Parigi, un gemellaggio esclusivo lungo oltre 60 anni
Il devastante incendio che ha parzialmente distrutto la cattedrale di Notre-Dame di Parigi permette di ricordare, tra i messaggi di solidarietà che da tutto il mondo si sono levati per la capitale francese, anche la storia del gemellaggio esclusivo e reciproco che da oltre 60 anni lega Roma alla Ville des Lumieres.
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Le cinque partite della Roma contro l’Unione Sovietica
La Roma si appresta ad affrontare in Champions League quella che fu la squadra ufficiale dell’Armata Rossa, ma per ben cinque volte nel corso della storia i giallorossi si videro di fronte una vera e propria rappresentativa sovietica. Per due volte, tuttavia, ad affrontare la Roma non fu la nazionale vera e propria ma quella olimpica. In ogni caso, la Roma non vinse mai, collezionando quattro sconfitte e un pareggio.
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Pasolini e la Roma tra vita e romanzi: una storia di stadio e di borgate
Quarantatré anni fa all’Idroscalo di Ostia veniva assassinato Pier Paolo Pasolini. Per tutta la vita, da Bologna al Friuli fino a Roma, il suo sguardo di profondo osservatore della società si rivolse anche al calcio. Tifoso rossoblù e appassionato calciatore amatoriale, non si vergognò mai dell’apparente contraddizione di intellettuale impegnato che si perdeva appresso a un gioco considerato qualunquista. Con la Roma ebbe un rapporto particolare. Nel 1957 “l’Unità” lo inviò all’Olimpico a seguire un derby vinto 3-0 dalla Roma, ma invece di farne la cronaca raccontò i settori popolari e popolati di giallorossi. Al suo fianco c’era Sergio Citti, in tasca un taccuino sui cui annotare qualche espressione del dialetto romanesco. Ma soprattutto, la Roma c’è nelle sue opere letterarie. I suoi protagonisti, quando sono tifosi, sono tifosi della Roma. Dalle baracche ai palazzoni fino ai vicoli dei rioni del centro, l’universo pasoliniano è genuinamente giallorosso. In questo capitolo, tratto da “Il calcio secondo Pasolini”, pubblicato da Aliberti Compagnia Editoriale, si ripercorre il suo rapporto biografico e letterario con la Roma.
La fede calcistica di Pasolini non fu mai messa in discussione. Più volte fugò ogni dubbio, soprattutto durante gli anni romani: «Romanista non sono, e neanche laziale. So’ der Bologna», scrisse nel 1957. Eppure, un rapporto particolare lo legò alla squadra giallorossa. Pur non essendo romano di nascita, Pasolini è innegabilmente divenuto un simbolo di Roma, soprattutto delle sue periferie. La borgata romana adottò Pasolini e Pasolini adottò la borgata, continuando a frequentarla anche quando si trasferì in quartieri borghesi come Monteverde o l’EUR. Gran parte delle persone di cui si contornò nella capitale proveniva dalle zone dimenticate della città, e proprio lì, tra fabbriche e baracche, si avventurava in spedizioni alla ricerca di volti originali per un film. E i figli delle borgate, a partire dai suoi grandi amici Ninetto Davoli e i fratelli Citti, tifavano per la Roma.

Pasolini a una partita della Nazionale dello spettacolo, fotografato da Umberto Pizzi Per naturale conseguenza, la Roma è la squadra di Tommaso Puzzilli e dei suoi amici in “Una vita violenta”. Come descrive Valerio Piccioni in “Quando giocava Pasolini”, i nomi dei calciatori dell’epoca vengono gridati come incitamento mentre si gioca a biliardino: c’è spazio per un «Daje, a Veleno!», soprannome dell’interista Benito Lorenzi, ma anche e soprattutto per un «Forza, a Treré!», centrale della Roma di quegli anni. In borgata il calcio è una cosa seria e attribuire a qualcuno il tifo per la squadra rivale può equivalere a un insulto: «An vedi questi! Ammazza che broccolo! […] ‘Sto laziale stronzo!», grida Tommaso a chi non lo fa giocare a biliardino. E in un’altra occasione, stavolta escluso da una partita di calcio vera e propria, Tommaso si lamenta: «Quale giusti, quale giusti, ma che sarebbe? Che, sete ‘a Roma?». Poi, entrato in campo di prepotenza, si paragona a uno dei giocatori più tecnici della Roma del tempo: «Nun lo vedi che so’ Pandorfini so’?». Infine, nell’ultimo capitolo del romanzo, la sua vita è cambiata: al suo riscatto sociale è seguito quello morale, che culminerà con l’atto che lo porterà alla morte. Da simpatizzante prima fascista, poi democristiano, si è infine avvicinato al PCI durante la degenza in ospedale. Nella sua giacca, assieme al portafoglio con la tessera del partito, c’è una penna biro giallorossa: forse l’unico simbolo del suo passato che resiste.
Anche nei primi racconti romani, datati 1950-51, la Roma è l’unica squadra evocata. Nel racconto “La passione del fusajaro” il venditore di fusaglie “Morbidone” si innamora di un maglione visto in una vetrina a Campo de’ Fiori e la sua infatuazione verso il costoso oggetto del desiderio lo porta a fantasticare: «Gli sguardi di ogni pischella erano per lui. Poi, la domenica, a Ostia – no, alla partita di calcio. La Roma avrebbe vinto – a dispetto di Luciano e Gustarè – ed egli col maglione azzurro sarebbe andato a ballare in una sala del Trionfale: e avrebbe ballato con le più belle ragazze». Ed è della Roma anche l’ipotetico giornalista a cui si rivolge Pasolini nel racconto “Reportage sul Dio”, che si scommette il caffè con il barista sui risultati della squadra giallorossa.

La pagina de “l’Unità” del 28 ottobre 1957 con l’articolo scritto da Pasolini inviato al derby Dialetto, giochi, scorribande, bagni nel fiume e nelle marrane: Pasolini è pronto a farsi coinvolgere in tutto ciò che il microcosmo delle borgate romane può offrirgli, compreso il tifo per una squadra di calcio. Sarebbe però scorretto affermare che iniziò a tifare per la Roma, perché mai rinnegò il suo esclusivo amore per il Bologna, ma è evidente che il suo interesse verso la squadra giallorossa andò ben oltre la semplice curiosità da osservatore. Il poeta Aldo Onorati parla esplicitamente di questa sua “simpatia” per la Roma: «Quando veniva a trovarmi ai Castelli Romani, si finiva per parlare anche di calcio. Io tenevo alla Lazio: squadra che lui, tifosissimo del Bologna e simpatizzante romanista, non vedeva proprio di buon occhio». A far crescere in lui questa simpatia romanista contribuì certamente Sergio Citti, che lo introdusse al mondo del tifo giallorosso nei settori popolari dell’Olimpico, coacervo di romanità da cui Pasolini rubava volti, espressioni, caratteri.
Tuttavia Paolo Volponi, intervistato da Laura Betti nel documentario “Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno”, racconta di essere andato allo stadio con Pasolini, ma per altri motivi: «La Roma era famosissima perché aveva tanti assi ma perdeva sempre. Beccare in casa col Legnano, col Modena… Per noi era un divertimento immenso vedere come si disperava la folla romana di fronte a questi disastri che gli capitavano sistematicamente tutte le domeniche». Risulta difficile credere che Pasolini andasse allo stadio solo per soddisfare la sadica voglia di vedere gli altri disperarsi. Più probabile è che, come accadde nel derby del 1957 vinto dalla Roma e da lui raccontato per “l’Unità”, fosse naturalmente portato a schierarsi con i più deboli: «Non si può non avere simpatia per i vinti: i vittoriosi me lo concederanno…». Insomma: Pasolini si sentiva affine ai tifosi della Roma perché era la squadra del popolo, tifata nei degradati rioni del centro e nelle periferie dimenticate, dagli immigrati venuti dalle campagne, dai baraccati, dagli emarginati. Ma quando erano i più deboli a battere la squadra della capitale, non poteva che sorridere.
“Il calcio secondo Pasolini” di Valerio Curcio è in libreria dal 31 ottobre 2018 per Aliberti Compagnia Editoriale; 144 pagine, 16 euro
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Appio Latino, nasce l’Epiro Calcio a 5: la squadra di quartiere giocherà dove iniziò Totti
Roma cambia. Lì dove c’era la terra battuta, ora c’è l’erba sintetica. Al posto del campo su cui Francesco Totti calciava il pallone con la maglia della Fortitudo, ci sono adesso modernissimi campi da calcio a 5, da calcio a 8 e da paddle. È su quella terra che un bambino biondo nato a Porta Metronia iniziò a giocare per la prima volta con una divisa indosso, a sette anni, proprio con la Fortitudo. Prima, solo tanti calci ai Super Santos nel cortile della “Manzoni” oppure a Villa Scipioni o tra i banchi del mercato di Piazza Epiro.
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Dentro Campo Testaccio: il reportage sull’abbandono del “tempio” romanista
Da dove venite? «Dall’Unione Sovietica». Alex ragiona ancora con le mappe di trent’anni fa. È ucraino, del Donbas, proprio la zona di origine della squadra che la Roma affronterà il 13 marzo. «Sti c… dello Shakhtar, io so’ della Roma. Ci basta l’1-0 e passiamo noi». Ha le idee chiare Alex. Le stesse idee chiare che qualche mese fa gli hanno suggerito di scavalcare la cancellata di via Zabaglia per trovare riparo negli ex magazzini del campo sportivo. Campo Testaccio.
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Atletico Madrid-Roma, la trasferta imperfetta
Doveva essere una festa e festa lo è stata solo in parte. Anzi. E non solo per il risultato. Sono arrivati in tanti a sostenere la Roma, quasi tremila nel nuovo-vecchio Wanda Metropolitano, ma il supporto non è stato quello delle altre trasferte e di sempre.
Proprio a inizio partita nel settore 23 c’è stato un parapiglia con l’ingresso della polizia che ha prelevato due tifosi della Roma. Da quel momento il clima è peggiorato, si è cantato poco (solo cori estemporanei) nel primo tempo e niente nel secondo tempo.
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