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Tag: 2018

  • Caro-biglietti, un tetto ai prezzi delle trasferte è possibile. E occhio al Porto…

    Se in campionato si piange, in Europa non si ride. Anzi, spesso, per ciò che riguarda i prezzi delle trasferte, si piange ancora di più. Anche se in fondo, nessuno piange quando c’è da seguire la Roma per il continente. Nella presente e nella scorsa stagione la forbice dei prezzi è stata incredibile: si è andati dagli 1,50 euro di Qarabag-Roma agli 89 di euro di Barcellona-Roma.

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  • “Ecco la pellicola inedita del derby di Pierino Prati del 1975”

    La qualità dell’immagine è quella che è. La qualità del reperto storico, invece, è altissima. E gli appassionati di storia romanista probabilmente non se lo sono fatto sfuggire. È un video amatoriale che più amatoriale non si può, girato in buona parte il 23 marzo 1975 allo Stadio Olimpico: è il derby del gol di Pierino Prati, quel Pierino Prati immortalato nelle immagini sfocate che lo vedono alzare al cielo il mazzo di fiori che gli regalava sempre una tifosa a inizio partita. 

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  • Il Superclásico giallorosso: gli argentini di Boca e River passati per la Roma

    La più spettacolare delle edizioni del Superclásico argentino, la doppia sfida tra Boca Juniors e River Plate, assegnerà la 59esima edizione della Copa Libertadores. Quella argentina è la colonia più folta all’interno dell’insieme dei giocatori che dal 1927 a oggi hanno vestito la maglia giallorossa: ben 35 contando anche gli oriundi. Di questi, moltissimi hanno vestito la maglia azul y oro del Boca o quella dalla banda roja del River. Solo in tre le hanno vestite entrambe. Ecco il Superclásico giallorosso. 

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  • Le cinque partite della Roma contro l’Unione Sovietica

    La Roma si appresta ad affrontare in Champions League quella che fu la squadra ufficiale dell’Armata Rossa, ma per ben cinque volte nel corso della storia i giallorossi si videro di fronte una vera e propria rappresentativa sovietica. Per due volte, tuttavia, ad affrontare la Roma non fu la nazionale vera e propria ma quella olimpica. In ogni caso, la Roma non vinse mai, collezionando quattro sconfitte e un pareggio. 

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  • Pasolini e la Roma tra vita e romanzi: una storia di stadio e di borgate

    Quarantatré anni fa all’Idroscalo di Ostia veniva assassinato Pier Paolo Pasolini. Per tutta la vita, da Bologna al Friuli fino a Roma, il suo sguardo di profondo osservatore della società si rivolse anche al calcio. Tifoso rossoblù e appassionato calciatore amatoriale, non si vergognò mai dell’apparente contraddizione di intellettuale impegnato che si perdeva appresso a un gioco considerato qualunquista. Con la Roma ebbe un rapporto particolare. Nel 1957 “l’Unità” lo inviò all’Olimpico a seguire un derby vinto 3-0 dalla Roma, ma invece di farne la cronaca raccontò i settori popolari e popolati di giallorossi. Al suo fianco c’era Sergio Citti, in tasca un taccuino sui cui annotare qualche espressione del dialetto romanesco. Ma soprattutto, la Roma c’è nelle sue opere letterarie. I suoi protagonisti, quando sono tifosi, sono tifosi della Roma. Dalle baracche ai palazzoni fino ai vicoli dei rioni del centro, l’universo pasoliniano è genuinamente giallorosso. In questo capitolo, tratto da “Il calcio secondo Pasolini”, pubblicato da Aliberti Compagnia Editoriale, si ripercorre il suo rapporto biografico e letterario con la Roma.

    La fede calcistica di Pasolini non fu mai messa in discussione. Più volte fugò ogni dubbio, soprattutto durante gli anni romani: «Romanista non sono, e neanche laziale. So’ der Bologna», scrisse nel 1957. Eppure, un rapporto particolare lo legò alla squadra giallorossa. Pur non essendo romano di nascita, Pasolini è innegabilmente divenuto un simbolo di Roma, soprattutto delle sue periferie. La borgata romana adottò Pasolini e Pasolini adottò la borgata, continuando a frequentarla anche quando si trasferì in quartieri borghesi come Monteverde o l’EUR. Gran parte delle persone di cui si contornò nella capitale proveniva dalle zone dimenticate della città, e proprio lì, tra fabbriche e baracche, si avventurava in spedizioni alla ricerca di volti originali per un film. E i figli delle borgate, a partire dai suoi grandi amici Ninetto Davoli e i fratelli Citti, tifavano per la Roma.

    Pasolini a una partita della Nazionale dello spettacolo, fotografato da Umberto Pizzi

    Per naturale conseguenza, la Roma è la squadra di Tommaso Puzzilli e dei suoi amici in “Una vita violenta”. Come descrive Valerio Piccioni in “Quando giocava Pasolini”, i nomi dei calciatori dell’epoca vengono gridati come incitamento mentre si gioca a biliardino: c’è spazio per un «Daje, a Veleno!», soprannome dell’interista Benito Lorenzi, ma anche e soprattutto per un «Forza, a Treré!», centrale della Roma di quegli anni. In borgata il calcio è una cosa seria e attribuire a qualcuno il tifo per la squadra rivale può equivalere a un insulto: «An vedi questi! Ammazza che broccolo! […] ‘Sto laziale stronzo!», grida Tommaso a chi non lo fa giocare a biliardino. E in un’altra occasione, stavolta escluso da una partita di calcio vera e propria, Tommaso si lamenta: «Quale giusti, quale giusti, ma che sarebbe? Che, sete ‘a Roma?». Poi, entrato in campo di prepotenza, si paragona a uno dei giocatori più tecnici della Roma del tempo: «Nun lo vedi che so’ Pandorfini so’?». Infine, nell’ultimo capitolo del romanzo, la sua vita è cambiata: al suo riscatto sociale è seguito quello morale, che culminerà con l’atto che lo porterà alla morte. Da simpatizzante prima fascista, poi democristiano, si è infine avvicinato al PCI durante la degenza in ospedale. Nella sua giacca, assieme al portafoglio con la tessera del partito, c’è una penna biro giallorossa: forse l’unico simbolo del suo passato che resiste.

    Anche nei primi racconti romani, datati 1950-51, la Roma è l’unica squadra evocata. Nel racconto “La passione del fusajaro” il venditore di fusaglie “Morbidone” si innamora di un maglione visto in una vetrina a Campo de’ Fiori e la sua infatuazione verso il costoso oggetto del desiderio lo porta a fantasticare: «Gli sguardi di ogni pischella erano per lui. Poi, la domenica, a Ostia – no, alla partita di calcio. La Roma avrebbe vinto – a dispetto di Luciano e Gustarè – ed egli col maglione azzurro sarebbe andato a ballare in una sala del Trionfale: e avrebbe ballato con le più belle ragazze». Ed è della Roma anche l’ipotetico giornalista a cui si rivolge Pasolini nel racconto “Reportage sul Dio”, che si scommette il caffè con il barista sui risultati della squadra giallorossa.

    La pagina de “l’Unità” del 28 ottobre 1957 con l’articolo scritto da Pasolini inviato al derby

    Dialetto, giochi, scorribande, bagni nel fiume e nelle marrane: Pasolini è pronto a farsi coinvolgere in tutto ciò che il microcosmo delle borgate romane può offrirgli, compreso il tifo per una squadra di calcio. Sarebbe però scorretto affermare che iniziò a tifare per la Roma, perché mai rinnegò il suo esclusivo amore per il Bologna, ma è evidente che il suo interesse verso la squadra giallorossa andò ben oltre la semplice curiosità da osservatore. Il poeta Aldo Onorati parla esplicitamente di questa sua “simpatia” per la Roma: «Quando veniva a trovarmi ai Castelli Romani, si finiva per parlare anche di calcio. Io tenevo alla Lazio: squadra che lui, tifosissimo del Bologna e simpatizzante romanista, non vedeva proprio di buon occhio». A far crescere in lui questa simpatia romanista contribuì certamente Sergio Citti, che lo introdusse al mondo del tifo giallorosso nei settori popolari dell’Olimpico, coacervo di romanità da cui Pasolini rubava volti, espressioni, caratteri.

    Tuttavia Paolo Volponi, intervistato da Laura Betti nel documentario “Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno”, racconta di essere andato allo stadio con Pasolini, ma per altri motivi: «La Roma era famosissima perché aveva tanti assi ma perdeva sempre. Beccare in casa col Legnano, col Modena… Per noi era un divertimento immenso vedere come si disperava la folla romana di fronte a questi disastri che gli capitavano sistematicamente tutte le domeniche». Risulta difficile credere che Pasolini andasse allo stadio solo per soddisfare la sadica voglia di vedere gli altri disperarsi. Più probabile è che, come accadde nel derby del 1957 vinto dalla Roma e da lui raccontato per “l’Unità”, fosse naturalmente portato a schierarsi con i più deboli: «Non si può non avere simpatia per i vinti: i vittoriosi me lo concederanno…». Insomma: Pasolini si sentiva affine ai tifosi della Roma perché era la squadra del popolo, tifata nei degradati rioni del centro e nelle periferie dimenticate, dagli immigrati venuti dalle campagne, dai baraccati, dagli emarginati. Ma quando erano i più deboli a battere la squadra della capitale, non poteva che sorridere.

    “Il calcio secondo Pasolini” di Valerio Curcio è in libreria dal 31 ottobre 2018 per Aliberti Compagnia Editoriale; 144 pagine, 16 euro

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  • Lino Aldrovandi: “Il volto di mio figlio unisce i tifosi d’Italia”

    Roma-Spal è la partita di Federico Aldrovandi. Da un lato la squadra della città in cui è nato e in cui quattro agenti in divisa lo hanno ucciso senza un motivo. Dall’altro Roma, il luogo dove in un’aula di tribunale la lotta dei suoi genitori per la verità ha finalmente ottenuto un riconoscimento. Roma-Spal è la partita di Federico anche perché l’anno scorso divenne tristemente famosa per il divieto d’accesso imposto alla bandiera con il suo volto, portata da Ferrara dai tifosi spallini. Ed è proprio il papà Lino a ricordarlo a Il Romanista: «Quel drappo di stoffa non è un’offesa verso nessuno. È una forma umana di esprimere non il colore della propria squadra, ma quello della vita. È il rispetto verso un ragazzo ucciso senza una ragione una maledetta domenica mattina. Quando per la prima volta vidi quella bandiera mi si aprì il cuore. Io l’ho sempre intesa come un segno di pace. La presenza del suo volto farebbe bene anche all’immagine della polizia, ma da parte di alcuni a volte si continua a cercare di mettere la polvere sotto al tappeto».

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  • Elisa Bartoli: “Roma, io tremo per te. Sono orgogliosa di questa fascia”

    Al Centro di Preparazione Olimpica dell’Acqua Acetosa non vola una mosca. È mattina e il sole batte sui campi da calcio ancora vuoti. C’è però Elisa Bartoli, capitano della squadra femminile della Roma, che quest’anno gioca la sua prima stagione. Nata a Roma nel 1991, non ha mai nascosto la sua voglia di indossare la maglia della squadra per cui tifa da sempre. «A volte, quando entro in campo con quei colori indosso, provo una tensione e un’adrenalina che non riesco a gestire». Domenica alle 12.30 lo farà al Tre Fontane contro la Juventus, per l’esordio in casa della nuova squadra giallorossa, di fronte a una cornice di pubblico che si annuncia imponente per una partita di calcio femminile. Solo due le partite giocate in campionato finora dalle ragazze allenate da Betty Bavagnoli, zero i punti raccolti, ma Elisa Bartoli è sicura: «C’è tutto, ma proprio tutto, affinché sia una grande stagione. Stiamo insieme da poco ma siamo un gruppo molto unito. Manca solo la vittoria, che arriverà. Sono tranquilla». E allora non resta che aspettare domenica ascoltando le parole del Capitano. Che, nonostante si definisca una persona di poche parole, ha tanto da dire.

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    Di Valerio Curcio e Leonardo Frenquelli

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  • Appio Latino, nasce l’Epiro Calcio a 5: la squadra di quartiere giocherà dove iniziò Totti

    Roma cambia. Lì dove c’era la terra battuta, ora c’è l’erba sintetica. Al posto del campo su cui Francesco Totti calciava il pallone con la maglia della Fortitudo, ci sono adesso modernissimi campi da calcio a 5, da calcio a 8 e da paddle. È su quella terra che un bambino biondo nato a Porta Metronia iniziò a giocare per la prima volta con una divisa indosso, a sette anni, proprio con la Fortitudo. Prima, solo tanti calci ai Super Santos nel cortile della “Manzoni” oppure a Villa Scipioni o tra i banchi del mercato di Piazza Epiro.

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  • A Piazza di Spagna le ragazze giallorosse si prendono la Roma

    «Ragazze, non siete abituate, seguitemi», grida un membro dello staff della Roma mentre guida una fila indiana di maglie giallorosse nella folla di tifosi, curiosi e turisti a Piazza di Spagna. È una frase colta sul finire dell’evento, dopo che sulla scalinata è arrivato il rompete le righe e le atlete della Roma Femminile si sono già scattate un’infinità di foto con amici e parenti, e rende bene un aspetto importante di quanto vissuto ieri pomeriggio: sì, sono ragazze, sì, sono atlete, no, non sono star. Lo saranno, forse, se l’augurio del dg Baldissoni si avvererà e i tifosi le seguiranno in gran numero nelle loro partite al Tre Fontane. La prima sarà proprio domani alle 16 contro la Fiorentina e assegnerà il 1° Trofeo Luisa Petrucci: una bella iniziativa della società per ricordare la mamma di tutti romanisti. Che se fosse stata ancora viva, avrebbe aperto il suo ombrello giallorosso accanto alla Barcaccia.

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  • La Bundesliga non segue La Liga: “Mai una partita fuori dalla Germania”

    Bundesliga e Liga spagnola: due mondi agli antipodi, due modelli di sviluppo differenti che portano a risultati differenti. Mentre in Spagna il discusso presidente della Liga Javier Tebas ha annunciato che si disputerà una partita negli Stati Uniti per aumentare i ricavi, un po’ come fa l’NBA con la consueta partita londinese, in Germania – dove i club hanno scelto la strada del rapporto con il territorio e con i tifosi – i dirigenti della Bundesliga hanno deciso in senso opposto. 

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